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"Applaudire il padrone è il lavoro sicuro del nostro tempo" canta Andrea Rivera nel Figurante. Sarà perché non ha mai appreso questa lezione che si è ritrovato a fare mille mestieri? Ha pulito i cessi in teatro - bisogna pure amare tutto della propria vocazione - è stato macchinista, direttore di scena, attore, cantante e mattatore. Artista vagabondo, ha imparato per strada a imitare i tic della gente comune, a schivare gli schiaffi e i carabinieri (anche se una volta loro sono stati più veloci e lui in caserma ci è finito davvero). La gavetta, che lo ha portato da Trastevere ai citofoni di tutta Italia, gli ha permesso di guardare da ogni angolo questo Paese casinista e ossequioso, ipocrita e cialtrone, che alla qualità preferisce la quantità. Con il bel risultato che siamo passati da De Filippo alla De Filippi. Oggi il "cantautore operaio" entra nelle case degli italiani con un metodo semplice quanto rivoluzionario: suonando il campanello dei loro citofoni. E in questo libro si toglie lo sfizio di raccontare tutto quello che ha visto e che non avrebbe mai voluto vedere su e giù per la penisola: un popolo bue e credulone facile da dividere e impossibile da unire, un parlamento dove peggio della destra c'è solo la sinistra (sempre che qualcuno riesca ancora a distinguerle), partiti presunti laici che riveriscono la Chiesa e il suo sempiterno potere temporale.